XXVI Domenica TO – Ogni Benedetta Domenica

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Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

 

Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

Un gesto bello, semplice, che tante volte ci ha rinfrancato. Ricevere bicchiere d’acqua quando siamo assetati è la cosa più buona. E in qualche modo ci fa assaporare, gustare, qualcosa di Cristo, della generosità e dell’amore di Cristo. Anche se magari non lo conosciamo o se magari chi ci porge il bicchiere d’acqua non conosce Cristo.

Eppure c’è qualcuno tra gli amici di Gesù che subito insorge.

Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite (Mc 9,38-

Forse, Giovanni, il discepolo più giovane, aveva un po’ l’ossessione di mettere dei confini, di avere chiarezza su chi è “dei nostri” e chi non lo è.

Giovanni è la voce, forse ancora ingenua, dell’ossessione dei confini, è la voce di chi si arroga il diritto di poter stabilire arbitrariamente chi può appartenere al gruppo che fa il bene e chi ne debba essere escluso.

Certo, tutti abbiamo bisogno di avere chiarezza, di avere confini chiari.

La nostra identità va assieme alla esigenza di avere confini chiari tra noi stessi e l’altro. Eppure questo bisogno di avere confini chiari può diventare un po’ pesante se facciamo dipendere solo da questo la nostra identità. Giovanni si riferisce a un estraneo, forse uno straniero, uno che non ha vissuto lo stesso percorso, eppure è uno che fa cose simili ai discepoli di Gesù, è addirittura un esorcista, uno che libera le persone da un male profondo e oscuro.  Il problema per Giovanni è che “non segue noi”, no se faccia il bene o meno.

Anche chi non appartiene alla stessa nostra comunità può fare azioni segnate dall’amore che salva e libera.

Eppure Giovanni, per sentirsi sicuro, vorrebbe arrogarsi l’esclusiva del poter fare il bene.

La risposta di Gesù è un invito a non aver paura di questa apertura di sguardi, di saper vedere, riconoscere, il bene da chiunque venga fatto: «chi non è contro di noi è con noi» (Mc 9,40). Il criterio di Gesù è inclusivo. Non c’è bisogno di difendersi o di escludere qualcuno, perché il bene può venire anche da chi è diverso da noi, da chi non appartiene alla nostra comunità perché il bene, da chiunque venga fatto, ha un’unica fonte, Dio.

Gesù con la sua parola ci aiuta a saperlo vedere a saper leggere questo bene e a collaborarvi.

Il dare con generosità e amore un bicchiere d’acqua, dar da bere a chi è assetato, venire incontro ad un bisogno così primario, è un bene che tutti possono fare e lì in questi piccoli grandi gesti di ogni giorno che Gesù ci dà appuntamento per appartenere a Lui (CF. Mt 25 37-44).

In tutti i bicchieri d’acqua, dati e ricevuti, c’è la mano di Gesù che ce li porge.

Proprio per questo Gesù invita ad andare a vedere dentro di noi ciò che non aiuta nei nostri atteggiamenti, nel nostro usare mani piedi, cuore sguardi, a vivere questa generosità che ci porta a dare anche un solo bicchiere d’acqua a chi ha sete. Per questo ci invita e aiuta fortemente a “decidere” di “tagliare”, -decidere e tagliare hanno una valenza simile- a lasciar perdere dentro la nostra vita, ciò che non ci fa vivere felicemente, generosamente, amorosamente, a cominciare da noi stessi prima che tagliare qualcuno fuori dalla comunità.

Con l’immagine molto forte del tagliare non ci invita a menomarci fisicamente, ma richiama l’esperienza della potatura dell’albero, immagine che Gesù usa anche in altri contesti nei Vangeli: la potatura è infatti ciò che rende l’albero più fecondo e così anche certi nostri modi di agire, di pensare , di guardare agli altri sono da lasciar cadere, da potare perché non ci aiutano a vedere il bene fatto dappertutto in nome di Cristo, cioè con amore generoso e pieno, anche al di fuori della nostra comunità, e così possiamo essere più fecondi, più felici.

don Sergio Frausin


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