14 marzo: il Pi day. Non è la festa delle torte, come molti anglosassoni credono (la pronuncia inglese di pi è esattamente la stessa di pie), ma la festa della costante più famosa al mondo, il Pi greco, la costante che abbiamo trovato fin da piccoli nella formula dell’area del cerchio, o della lunghezza della circonferenza.
L’idea di festeggiare questo numero si deve al fisico statunitense Larry Shaw, che il 14 marzo 1988 ha proposto di dedicare la giornata al numero che, in forma decimale, si scrive come 3,14… quindi marzo 14, nell’usuale notazione di mese e giorno tipicamente americana. In realtà, l’occasione permette di porre l’accento sull’importanza della matematica e in generale delle scienze in ogni ambito della nostra vita, e in questa giornata vengono tradizionalmente proposte un gran numero di attività di divulgazione scientifica.
Ma cos’è esattamente il Pi greco? D’accordo, è il rapporto costante tra la lunghezza di una circonferenza e il suo diametro. Ma di quale numero stiamo parlando?
È un numero reale, e come tale si può pensare di scrivere in forma decimale. 3,14 sono soltanto le prime cifre di tale rappresentazione, possiamo trovare approssimazioni migliori, ad esempio
3,141592653589793238462643383279502884197169399375105820974944
ma anche questa non sarebbe che un’approssimazione molto imprecisa. Il fatto è che questo numero ha infiniti decimali. Ora, anche il numero 1/7 ha infiniti decimali, si ha infatti 1/7=0,1428571428571… ma questi sono periodici, cioè viene ripetuta all’infinito la stessa sequenza 142857.
Il numero Pi greco non è periodico. I numeri reali che non sono periodici si dicono irrazionali, e sono numeri che non possono essere scritti come frazione di due numeri interi. L’esistenza di tali numeri era ben nota già nell’antica Grecia, anche se questi non erano molto simpatici ai filosofi come Pitagora. Era ben noto, ad esempio, che il numero radice quadrata di 2 è un numero irrazionale. Tuttavia, è un numero il cui quadrato è un numero naturale, e quindi tutto sommato non è poi così “strano”. Un numero reale si dice algebrico se, gettato opportunamente in un “frullatore” che moltiplica, divide, somma, sottrae, utilizzando solo numeri interi può diventare intero.
Ad esempio, tutte le radici di numeri razionali sono numeri algebrici, ma anche qualunque somma o prodotto di radici di qualunque esponente è un numero algebrico. Ebbene, Pi greco non lo è. Si dice che Pi greco è un numero “trascendente”. Trascendente, in filosofia, è un termine che, contrapposto a immanente, significa che va oltre l’esperienza, e in particolare è inesprimibile. Quando Dante, nel Paradiso (XXXIII, 133-138) si trova innanzi al mistero della doppia natura di Cristo, e vuole descrivere ciò che per definizione non è descrivibile, scrive così
Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l’imago al cerchio e come vi si indova.
Dante è come il geometra che cerca di quadrare il cerchio, cioè cerca un rapporto che permetta di confrontare l’area di un cerchio con il suo raggio, ma sa che è una cosa impossibile, proprio perché Pi greco è un numero trascendente (ai tempi di Dante non era cosa evidente, la trascendenza di Pi greco è stata infatti dimostrata soltanto nel 1882 dal matematico tedesco Ferdinand von Lindemann).
Cristo è divinità, e quindi trascendente, ma è anche uomo, e quindi immanente. Così Pi greco, numero trascendente e inaccessibile, si trova immanente in ogni dettaglio della nostra realtà, nella teoria dei numeri, nella probabilità, in numerose leggi fisiche, nella musica e nell’arte, nell’ingegneria, e naturalmente nella geometria o se decidiamo semplicemente di mangiarci una fetta di pie.
Franco Obersnel