Una festa molto sentita a livello popolare, caratterizzata dalla processione eucaristica. È una festa che in Italia purtroppo è stata tolta dall’elenco delle feste e per questo motivo viene celebrata la domenica successiva. La festa, infatti si celebra 60 giorni dopo il giovedì santo e, quindi, nel giovedì che cade dieci giorni dopo la Pentecoste.
Le origini della festa si trovano nella Liegi del XIII secolo: il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del corpo e sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Si tratta della beata Giuliana di Retìne, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. Era il 1246.
Sarà Urbano IV che estenderà la festa a tutta la Chiesa nel 1264. L’anno precedente avvenne il miracolo eucaristico a Bolsena. Come molti sanno, accadde che un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina.
Il Papa Urbano stabilì che la festa si celebrasse il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste, quindi esattamente sessanta giorni dopo Pasqua. Mentre settanta giorni dopo il venerdì santo, a conclusione dell’ottava della festa del Corpus Domini, si celebra la solennità del Sacro Cuore di Gesù, per aiutare i cristiani ad ancor meglio contemplare il mistero della Pasqua del Signore.
Papa Urbano IV incaricò il teologo domenicano Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della Messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, san Tommaso risiedeva, come il Pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto nel convento di San Domenico. Il Doctor Angelicus insegnava teologia nello studium (l’università dell’epoca) orvietano e ancora oggi presso San Domenico si conserva ancora la cattedra dell’Aquinate e il Crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel Crocifisso – abbia detto al suo prediletto teologo: “Bene scripsisti de me, Thoma”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il “Pange lingua” scritto e pensato da Tommaso d’Aquino.
La solennità – che continuiamo per abitudine a chiamare del Corpo del Signore mentre oggi si chiama del Corpo e del Sangue del Signore, per non dimenticare la totalità del mistero eucaristico – è una bellissima festa liturgica che ci offre almeno due spunti principali.
Prima di tutto, ci è donato di soffermarci sul mistero dell’Eucaristica, preziosissimo dono che il Signore ha lasciato alla sua Chiesa: è lui stesso! Soffermiamoci a pensare quanto potente è questo segno: Gesù non ci lascia un complesso trattato in cui ci spiega chi egli sia, ma un segno reale della sua vera identità. Egli è pane (cibo vero), l’un solo pane (che è l’alimento dell’unità) che ci alimenta (che dà senso), che è spezzato (donato per noi). Egli è vino (bevanda), che rallegra la nostra vita (bevanda di gioia), che è versato (l’atto di amore della croce), che è condiviso nell’unico calice (che ci rende uno).
E questo mistero di amore ci porta per le strade del mondo (perché non siamo mai e poi mai noi a portare Gesù, ma è lui che porta noi), immagine potentissima della nostra missione (camminare lungo le strade della vita come ha fatto il Signore), camminare anche lì dove l’uomo fa soffrire e soffre, violenta ed è violentato, condanna ed è condannato. Le strade che percorreremo con il Signore sono le strade della nostra città, della nostra quotidianità: sono le strade in cui qualche giorno fa ci sono stati anche episodi negativi e di violenza. Questa è la missione del credente oggi: porta la pace lì dove c’è la violenza.
E la potenza del segno liturgico della processione eucaristica va sottolineata: un ministro ordinato porta l’ostensorio con il pane eucaristico (domenica sarà il Vescovo Enrico), coperto dal baldacchino, preceduto dall’incenso e dai lumi, circondato dai più preziosi parati e dalle vesti più belle. Ma quell’unico pane è custodito nel tabernacolo vivente che sono i cristiani che camminano. È una reciprocità splendida, è una missione grande: un tesoro in vasi di creta. Ma così Dio vuole.
don Lorenzo Magarelli
Foto Luca Tedeschi
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