“Ascoltare, capire, agire. Prevenzione inizia dall’infanzia”

Suicidio e autolesionismo: il grido silenzioso degli adolescenti. In occasione della Giornata mondiale, l'appello della Sinpia

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Who-Oms), ogni anno, più di 700mila persone nel mondo decidono di togliersi la vita. In Europa sono oltre 150mila, quasi 400 al giorno. In Italia circa 4mila. Dietro questi numeri ci sono storie, volti, famiglie. E troppo spesso un silenzio che precede il gesto:

un dolore non ascoltato, un bisogno inespresso di essere visti e compresi.

Il suicidio è oggi la principale causa di morte tra i giovani europei tra i 15 e i 29 anni. In Italia, è la seconda dopo gli incidenti stradali. Ma parlare di suicidio non significa parlare di morte. Significa parlare di prevenzione, ascolto e intervento precoce. Significa riconoscere i segnali, costruire reti di sostegno, rompere il tabù. In occasione della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio, il 10 settembre, la Sinpia – Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza – ha lanciato un appello:

“Ascoltare, capire, agire: la prevenzione inizia dall’infanzia”.

Foto Siciliani-Gennari/SIR

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Autolesionismo: l’urlo del corpo quando mancano le parole. Tra i segnali più frequenti di disagio giovanile ai quali occorre prestare attenzione ci sono i comportamenti autolesivi.

Tagli, bruciature, escoriazioni: ferite inflitte al proprio corpo per cercare sollievo da un dolore psichico che non trova voce.

In Europa, circa 1 adolescente su 5 ha sperimentato forme di autolesionismo non suicidario: gesti che non sempre indicano un intento di suicidio, ma ne aumentano il rischio. “I comportamenti autolesivi – avverte Elisa Fazzi, presidente Sinpia e direttore Sc Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’adolescenza, Asst Spedali Civili di Brescia – non sono sempre collegati a un rischio suicidario, ma possono aumentarlo, soprattutto se si presentano in forma grave, ripetuta e prolungata nel tempo”. Fazzi evidenzia anche la forte correlazione tra autolesionismo e disturbi dell’umore, in particolare quelli depressivi, spesso alla base di ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio, una delle principali cause di accesso ai servizi di neuropsichiatria infantile.

Adolescenza e vulnerabilità: il cervello in trasformazione. L’adolescenza è una fase di cambiamenti profondi, anche a livello neurobiologico. Il sistema limbico, che regola le emozioni e la ricerca di gratificazioni immediate, matura prima delle aree prefrontali, responsabili del controllo cognitivo e della regolazione degli impulsi.

“Questo squilibrio rende i giovani più propensi a comportamenti rischiosi e autodistruttivi, e meno capaci di valutare le conseguenze delle proprie azioni”,

spiega Renato Borgatti, direttore della Neuropsichiatria infantile dell’Università di Pavia. L’impulsività, secondo l’esperto, è un fattore chiave nei comportamenti suicidari, amplificata dall’aumentata plasticità cerebrale e dall’influenza dell’ambiente sociale.

Non sempre c’è una diagnosi psichiatrica. A volte, basta una perdita di speranza, una sensazione di essere un peso, un dolore che sembra insopportabile. Non è raro imbattersi in ragazzi che, pur non manifestando disturbi psichiatrici evidenti, attraversano una crisi evolutiva profonda dove la morte appare l’unica soluzione”, avverte Borgatti.

Foto: ANSA/SIR

Sempre più precoci. “Negli ultimi anni – interviene Arianna Terrinoni, dirigente medico Neuropsichiatra infantile Uoc Npi Policlinico Umberto I Roma-Unità Emergenze Psichiatriche Adolescenti e membro del direttivo Sinpia – si è assistito ad una significativa anticipazione di questo tipo di comportamenti: già nella preadolescenza possono manifestarsi i primi attacchi al corpo e/o pensieri negativi anche di matrice anti-conservativa”. Di qui l’importanza di

“investire in percorsi terapeutici che aiutino i giovani a sviluppare tolleranza emotiva, senso di autoefficacia, competenze relazionali”.

Prevenzione e responsabilità collettiva. Ma la prevenzione non è solo compito dei servizi sanitari – territoriali e ospedalieri – sottodimensionati e che occorre potenziare. È una responsabilità collettiva. Gli interventi – scientificamente fondati – vanno attuati su più livelli: servizi sanitari, famiglia, scuola, istituzioni. Anche il web può diventare spazio di prevenzione, se usato con consapevolezza. I giovani vivono online: è lì, afferma Fazzi, “che possiamo intercettarli, informarli, sostenerli. Nessuno deve restare indietro”. Solo così è possibile costruire una cultura dell’ascolto, del dialogo, della vicinanza. Perché, ribadisce con forza la presidente Sinpia,

dietro ogni adolescente che pensa di non avere alternative, dietro ogni giovane che immagina di interrompere la sua vita o sente di essere un peso, c’è una domanda inespressa, un bisogno di essere visto e ascoltato.

Dare una risposta a quella domanda è la nostra responsabilità più grande”. E il primo passo verso la salvezza.

Giovanna Pasqualin Traversa (SIR)

Foto in evidenza: WHO/SIR

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