In ascolto di Grégoire Ahongbonon, testimone di misericordia

La chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo si è riempita di persone giunte per ascoltare la sua voce e la sua straordinaria esperienza di vita

“La misericordia che libera”. Su questo tema si è incentrato l’intervento di Grégoire Ahongbonon, soprannominato il “Basaglia dell’Africa”, la sera dello scorso 14 ottobre, nella Chiesa di sant’Antonio Taumaturgo. L’incontro è stato promosso dalla parrocchia di Gesù Divino Operaio, in collaborazione con la Diocesi di Trieste, l’associazione Jobel, e l’UCIIM.

Il vescovo Enrico Trevisi ha introdotto la serata, rilevando che

non siamo condannati all’impotenza, per curare serve una comunità.

Una volta rimasi colpito dalla domanda di un giovane: Perché Dio mi ha fatto matto? A volte si avverte la fatica di dare le risposte. L’importante è avere la possibilità di accostare tutte le persone, per fare in modo che anche per i fragili ci sia l’esperienza di sentirsi amati. In ogni nostra comunità è possibile uno sguardo nuovo, l’amore cristiano supera ogni barriera, le parole di Gesù sono per tutti: io ti ho amato».

La presentazione dell’incontro è stata affidata al dr. Marco Bertoli, Direttore del dipartimento dipendenze e salute mentale del Friuli Centrale, che ha rilevato come «Grégoire abbia avviato un accompagnamento reale delle persone psichicamente fragili. In Africa, egli ha promosso un’azione di liberazione delle persone segregate.

Nei miei viaggi in quel continente, grazie a Grégoire ho imparato la compassione, per stare davanti alle persone che soffrono e ricostruire il rapporto con l’altro”.

Grégoire Ahongbonon ha intrattenuto il vasto pubblico con un’appassionata testimonianza sulla sua vita, dedicata alla cura delle persone colpite dalla malattia psichiatrica, della quale, di seguito, citiamo alcuni passaggi.

«Incontriamo ogni giorno Gesù Cristo nelle nostre strade, egli vive in mezzo a noi e attraverso di noi. Le prove ci sono date per crescere nella fede. La felicità passa per la croce. La paura crea la sofferenza tra noi e l’ammalato. Ma Dio non ti abbandona: “anche se tuo padre e tua madre ti hanno abbandonato, io non mi dimenticherò mai di te”, dice il Signore (Is 49,14-16). Dio ci ama come siamo, la sofferenza ci conduce a Dio, la croce ci porta verso il Signore, che ci manda sempre un Simone di Cirene per sollevarci dalle nostre cadute.

Non posso nulla senza la preghiera.

Una grande storia è stata vissuta a Trieste, per non abbandonare i malati psichiatrici. L’amore è il centro del miracolo che possiamo vivere oggi. Grazie a quanti partecipano al nostro servizio, per debellare la miseria vissuta dai malati di mente in Africa. Il vero grazie è il Signore stesso che ve lo darà: vieni benedetto del padre mio, per le azioni di prossimità che hai manifestato, nello spirito delle beatitudini evangeliche. Ho trovato un paziente psichiatrico incatenato ad un albero: l’immagine di ciascuno di noi, una vergogna per l’umanità. Da lì è iniziata la mia storia al loro fianco. Persona piena di piaghe. Tutto il suo corpo era marcio. Potrò ancora vivere? Ma è morto come un uomo. Ci sono state delle procedure di incatenamento incredibili in Africa. Le famiglie di questi malati non sanno cosa fare. A volte vengono istituiti dei campi di preghiera per chi viene emarginato a causa di un disagio mentale, usano il nome di Gesù per maltrattare gli ammalati psichici. Fanno soffrire il corpo perché esca il demonio. In strada, con la nostra equipe, raccolgo queste persone diversamente abili, cercando di curarle. Con un gruppo di volontari, insegno la capacità di svolgere un mestiere. Sono gli ammalati che curano altri ammalati. Noi viviamo grazie alla provvidenza. Pregate per noi, abbiamo bisogno del vostro aiuto».

don Manfredi Poillucci

 

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