L’Università di Trieste ha ricordato i 75 anni di formazione degli assistenti sociali a Trieste con un convegno tenutosi il 24 novembre in Androna Campo Marzio. Dopo i saluti di Massimo Degrassi, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Trieste, di Susanna Cilitti, Presidente dell’Ordine Regionale Assistenti sociali del Friuli Venezia Giulia, e di Massimo Tognolli, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Trieste, il professor Luigi Gui, coordinatore del corso di laurea magistrale in “Servizio sociale, Politiche sociali”, ha dato la parola agli studiosi e testimoni significativi che hanno ripercorso la storia della formazione degli assistenti sociali a Trieste. Sono intervenuti Edda Bormioli Riefolo, già Direttrice dell’Istituto Regionale per gli Studi di Servizio Sociale (Irsses) e docente di Servizio sociale, Raffaello Maggian, già docente di Pianificazione dei servizi sociali, Elisabetta Kolar, attuale Direttrice Irsses e docente di Servizio sociale, Nicoletta Stradi, Dirigente del Servizio sociale dei Comuni del Friuli Centrale, già docente di Servizio sociale, Rosemary Serra, docente di Sociologia, già segretaria del Dottorato di Ricerca in Servizio sociale, sociologia, sc. Formazione e Stefano Chicco, Direttore dei servizi sociali Comune di Trieste, già docente di Servizio sociale.

Era il 1950 e in quel periodo la città era ancora amministrata dal Governo militare alleato (GMA). L’iniziativa fu presa da un organismo locale, l’Ente ausiliario assistenza sociale (EAAS), coinvolgendo il Comune, la Provincia, gli Ospedali Riuniti, i Cantieri Riuniti dell’Adriatico e altri enti privati. I docenti venivano formati grazie alle “borse Fulbright”, che consentivano loro di recarsi negli Stati Uniti per attingere ai contenuti tecnico-scientifici di Social Work più avanzati. Dopo la cessazione del Governo militare alleato, la Scuola confluì nell’Ente nazionale scuole italiane di servizio sociale (ENSISS). Solo nel 1988 entrò nell’ambito universitario come Scuola Diretta a fini Speciali dell’Università di Trieste, co-gestita con l’Associazione per la gestione della Scuola Superiore di Servizio Sociale (divenuta nel 1995 “Istituto Regionale di Studi per il Servizio Sociale” – IRSSeS). Nel 1994 diviene Diploma universitario di servizio sociale (DUSS), afferendo all’allora Facoltà di Scienze della Formazione e contemporaneamente viene avviato dall’Università di Trieste anche il primo Dottorato di Ricerca in “Sociologia, teoria e metodologia del Servizio sociale”. Tra il 2000 e il 2002, ancor prima della riforma universitaria del ‘99, si sperimentò l’aggiunta del “IV anno” di laurea in Servizio sociale, divenendo polo attrattivo per oltre 5mila assistenti sociali provenienti da tutta Italia. Dal 2000 si istituiscono dapprima i corsi di laurea e laurea Specialistica e dal 2004 i corsi di laurea e laurea magistrale nel Dipartimento di Studi Umanistici.

Sono passati 75 anni da quando è sorta a Trieste la prima Scuola per la formazione di assistenti sociali, una professione di cui oggi si parla molto nei social. Se ne parla soprattutto in relazione ad eventi e situazioni particolarmente problematiche, riguardanti i rapporti all’interno della famiglia, le violenze verso i minori e le donne, la solitudine degli anziani, la povertà di chi non ha una casa adeguata o di chi non riesce a far fronte alle spese domestiche.
Spesso si attribuisce all’assistente sociale la responsabilità di prendere decisioni inopportune o di non farsi carico di un bisogno urgente in cui versa la persona in difficoltà. Va dato atto che “tutti possono commettere errori, anche medici, giudici, psicologi, giornalisti. Ma non per questo” scrive la Presidente dell’Ordine nazionale assistenti sociali “va colpito in modo indiscriminato l’intero corpo professionale, composto di oltre 48mila assistenti sociali. In Italia.Va ricordato che le decisioni non vengono mai prese in solitudine, sono condivise con magistrati, psicologi, educatori, psichiatri. Esistono protocolli nazionali, linee guida, valutazioni tecniche. Nessun intervento nasce dall’oggi al domani. L’obiettivo è sempre quello di mettere le persone nelle condizioni di farcela. L’ostilità verso gli assistenti sociali, nasce dal fatto che siamo una delle pochissime professioni che entrano nelle case per valutare la sicurezza dei bambini. Questo genera paura e conflitto. In situazioni di separazioni, violenze domestiche, dipendenze, malattie mentali, qualcuno ci accuserà sempre di aver sbagliato: chi dice ‘avete portato via mio figlio’, chi dice ‘non l’avete protetto abbastanza’. Poi ci sono influencer e opinionisti che diffondono false informazioni: noi non possiamo rispondere perché siamo vincolati al segreto d’ufficio. Ed è facile colpire chi non può difendersi”.
Di fronte a storie drammatiche, il Consiglio regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Friuli Venezia Giulia invita a fermarsi in un silenzio condiviso, come segno di vicinanza a chi soffre, a non ignorare l’impegno di chi lavora ogni giorno in situazioni complesse, spesso difficili da comprendere dall’esterno.
“Lo spazio mediatico non restituisce mai tutta la complessità delle storie umane, né la fatica silenziosa dei professionisti che cercano con dedizione, competenza e professionalità, di prendersi cura delle persone. Crediamo sia importante fermarci, come comunità, a riflettere sul valore delle parole: sulla differenza tra il bisogno di capire e il bisogno di colpire. E sulla responsabilità che abbiamo tutti nel non aggiungere altra sofferenza a un dolore già così grande. Abbiamo bisogno di più prudenza, più ascolto, più rispetto”.
R.M.
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