Che tutti siano una cosa sola: un cammino di unità

Il primo di due incontri tenutosi nella parrocchia di Gesù Divino Operaio e guidato da don Valerio Muschi: il movimento ecumenico da Nicea in poi.

Quello vissuto mercoledì scorso con don Valerio Muschi è stato il primo di due incontri dedicati a ricordare e approfondire i 1700 anni del Concilio di Nicea. Un percorso pensato per accompagnare la comunità a riscoprire le radici della nostra fede e a riflettere sul cammino di unità che la Chiesa è chiamata a vivere.

Il titolo dell’incontro – “Credo la Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica” – ci ha subito introdotti nel cuore della riflessione: la Chiesa come realtà viva, chiamata all’unità e alla comunione, radicata in Cristo. Il percorso che don Valerio ci ha proposto è stato come un viaggio attraverso la storia: dal Concilio di Nicea, che ha dato forma alla nostra professione di fede, fino alle ferite degli scismi che hanno diviso la cristianità. Non si è trattato di un semplice racconto di eventi, ma di un invito a guardare queste vicende con gli occhi della fede, riconoscendo come anche dalle fratture possa nascere un desiderio di comunione.

Ci siamo poi soffermati sulla nascita del movimento ecumenico nei primi decenni del Novecento, segno di una sete di unità che lo Spirito ha suscitato nel cuore dei cristiani. Questo cammino ha trovato nuova forza nella Chiesa cattolica, soprattutto con il Concilio Vaticano II, quando il dialogo con le altre confessioni è diventato parte integrante della missione ecclesiale. Ed è proprio qui che il Credo ci parla con forza. Quando diciamo “Credo la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”, non stiamo recitando una formula astratta, ma affermiamo la nostra appartenenza a una comunità che, pur nelle diversità, trova la sua unità in Cristo.

La Chiesa è una, perché chiamata a vivere la comunione; è santa, perché santificata da Cristo e dallo Spirito nonostante le fragilità dei suoi membri; è cattolica, perché abbraccia tutti i popoli e tutte le culture senza confini; è apostolica, perché fondata sulla testimonianza degli apostoli che ci hanno trasmesso la fede. Questa professione di fede è la massima espressione dell’ecumenismo, perché ci ricorda che, al di là delle differenze, siamo chiamati a riconoscerci in un’unica Chiesa, radicata in Cristo e aperta all’universalità.

Il filo conduttore della serata è stato, quindi, l’unità. Non come un ideale lontano, ma come vocazione che nasce dal Vangelo. Gesù stesso, nella sua preghiera al Padre, ha chiesto: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Questa invocazione resta ancora oggi la missione affidata alla Chiesa e a ciascuno di noi.

Don Valerio ci ha ricordato che non dobbiamo fermarci a ciò che ci divide, ma guardare a ciò che ci unisce: Gesù Cristo, il Signore risorto, centro della nostra fede e fondamento della nostra speranza. È Lui la sorgente dell’unità, il punto di incontro che supera le differenze e ricompone le ferite. Dire “Credo” significa inserirsi in un coro che attraversa i secoli e che trova la sua armonia proprio nella voce di Cristo. Essere cristiani oggi significa diventare artefici di unità. Non con grandi gesti, ma con la quotidianità: una parola di riconciliazione, un gesto di fraternità, la scelta di costruire ponti invece di muri. L’ecumenismo non è un accessorio, ma un cammino necessario per rendere credibile l’annuncio cristiano nel mondo di oggi.

Celebrando i 1700 anni del Concilio di Nicea, abbiamo percepito che la storia della Chiesa non è un museo di ricordi, ma un fiume vivo che scorre e ci porta verso il futuro. Il desiderio di Cristo rimane la nostra missione: camminare insieme, nella diversità, verso quella comunione che è già dono e promessa. Guardare a Gesù significa ritrovare la sorgente dell’unità. È Lui che ci chiama a essere una sola cosa, perché il mondo creda. E se il cammino può sembrare lungo e difficile, la certezza è che lo Spirito continua a operare, suscitando in noi il desiderio di comunione e la forza per testimoniarla.

Igor Pellegatta

 

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