È italiano il primo beato martire del Mato Grosso

Si tratta di don Nazareno Lanciotti, originario di Subiaco, morto il 22 febbraio del 2001 in seguito ad un agguato avvenuto nella missione di Jauru in Brasile
Le campane del villaggio di Jauru e della cattedrale della diocesi di Caceres, in Brasile, hanno suonato a festa, lo scorso 14 aprile, per il dono di una nuova fiamma di speranza che si è accesa per quella chiesa nella grande foresta amazzonica. Papa Francesco, allora ancora  convalescente (è morto una settimana dopo, il 21 aprile), ricevendo in udienza il prefetto del Dicastero delle cause dei Santi, il card. Marcello Semeraro, ha autorizzato la promulgazione del decreto di beatificazione di don Nazareno Lanciotti. È il primo beato martire dello Stato del Mato Grosso, in Brasile, il sacerdote italiano, morto il 22 febbraio del 2001 in seguito ad un agguato avvenuto nella missione di Jauru la sera dell’11 febbraio. La notizia della beatificazione di questo sacerdote che ha lasciato tutto e si è consacrato per “amore a servizio della Chiesa” che è in Brasile è arrivata in “una settimana di grazia, nella settimana Santa e questo richiama ancor di più come al sacrificio di Cristo capo si unisce il sacrificio delle membra”, dice al Sir il postulatore della causa di beatificazione don Enzo Gabrieli aggiungendo che questa “bellissima notizia ricevuta nell’ambito del cammino giubilare sia un segno di speranza per la chiesa di Caceres e per l’intero stato del Mato Grosso. Si parla tanto dei sacerdoti e delle loro fragilità, don Nazareno testimonia la forza del martirio e la gioia di donare la vita per i fratelli così come ha insegnato Gesù: non c’è amore più grande che dare la vita”.
Foto Postulazione Causa di Beatificazione e Canonizzazione

 

 

 

 

 

 

 

Originario di Subiaco don Lanciotti ha dato la vita per il popolo brasiliano ed è stato ucciso – ricorda ancora il postulatore, don Enzo Gabrieli – perché “dava fastidio a chi era contrario agli insegnamenti sulla famiglia, sulla vita, sulla dignità delle persone”. “Siamo venuti per ucciderti perché ci dai troppo fastidio”, sono le ultime parole che don Nazareno sentì prima di ricevere il colpo alla nuca che lo portò alla morte il 22 febbraio, undici giorni dopo l’agguato. Nelle stesse ore in cui papa Francesco veniva creato cardinale da Giovanni Paolo II. Formatosi nel seminario di Subiaco e ordinato sacerdote il 29 giugno 1966 all’età di 26 anni, prima di arrivare in missione in Brasile, è stato vicario parrocchiale nella Parrocchia di San Giovanni Crisostomo a Roma. Conosciuta l’Operazione Mato Grosso, nel 1972 partì in missione e gli venne affidata la parrocchia di Jauru, diocesi di Caceres, nell’Ovest del Brasile. Si innamorò di quella gente e si mise a loro servizio. Considerata la grave situazione della popolazione locale pensò ad un ospedale: il più vicino era a 200 Km e molti erano le giovani mamme che morivano di parto e tanti altri per malattie che potevano essere curate se adeguatamente assistite. Poi la costruzione di chiesette e cappelle nella foresta, la grande chiesa parrocchiale nel centro di Jauru, un ospizio per anziani e una scuola dedicata a San Francesco d’Assisi per 400 bambini. Al centro della sua azione pastorale l’amore per l’eucarestia che scandiva la giornata e la grande devozione per il cuore immacolato di Maria.

Foto Postulazione Causa di Beatificazione e Canonizzazione

“Un profondo amore per il Papa e per la Chiesa lo spinse ad educare schiere di giovani alla vita cristiana, a scegliere di formare famiglie cristiane e a fondare anche il primo seminario della diocesi di cui fu il primo responsabile”, ricorda don Gabrieli. La sua vita dice quanto sia “importante” essere punto di riferimento per i giovani e di “incidere nella loro vita. Don Nazareno li aveva conquistati tutti e li teneva al riparo dalla criminalità e dai pericoli insegnando loro il valore della vita, la dignità del corpo e degli affetti. Oggi più che mai abbiamo bisogno di padri che indichino con chiarezza la strada da seguire che è quella del Vangelo”. La sera dell’agguato si trovava nella canonica: i due killer cercarono in tutti i modi di provocarlo insieme ai presenti prima con la richiesta di soldi e con false accuse e poi dichiarando pubblicamente la loro avversità per l’operato del sacerdote. Erano presenti nove persone che poterono assistere alla falsa teatralità messa in atto tanto che nel momento in cui la pallottola entrò in canna colui che premette il grilletto si diresse dal sacerdote al quale disse di essere il demonio e che lui li a Jauru dava fastidio, ricorda don Gabrieli che nella stanza di don Lanciotti, in seminario, rimasta come la sera dell’agguato, ha trovato l’omelia che papa Giovanni Paolo II aveva tenuto ai giovani la sera della veglia del grande Giubileo del 2000, “sottolineata nei punti essenziali”. L’aveva commentata con i giovani proprio quella sera, memoria della Beata Vergine di Lourdes.

Raffaele Iaria (SIR)

Foto in evidenza Diocesi di Tivoli

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