Camminando su confini di pace

La veglia del Cantiere Nazionale Agesci tra esilio, accoglienza e rinascita. Un momento intenso di condivisione e riflessione di rover e scolte da tutta Italia

Andate, costruite, piantate giardini… pregate per la città dove vivrete”. Con queste parole tratte dal profeta Geremia si è aperta la veglia di pace del Cantiere nazionale della Branca R/S Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani), svoltasi a Trieste nella serata del 10 luglio, nella suggestiva chiesa del seminario vescovile dedicata all’Immacolata Concezione e affidata alla comunità cattolica Ucraina.

Il Cantiere, intitolato “Camminando su confini di pace”, ha coinvolto 27 rover e scolte (ragazzi e ragazze tra i 16 e i 19 anni) provenienti da tutta Italia, insieme a fratelli e sorelle della SZSO (scout cattolici della comunità slovena) e del CNGEI (associazione scout laica italiana), in un’esperienza di cammino, servizio e incontro con realtà legate all’accoglienza e alla marginalità. Non solo un’occasione di cittadinanza attiva e formazione, ma anche una proposta spirituale profonda: il tema del “confine” è stato esplorato con i piedi, le mani, il cuore… e la Parola di Dio.

La veglia, preparata dagli stessi ragazzi in collaborazione con ospiti speciali incontrati durante il percorso, si è articolata in quattro fasi: Vivere – Incontrare – Raccontare – Generare. Partendo dalle esperienze e dalle storie di migranti, rifugiati e richiedenti asilo, si è voluto mostrare come questa condizione sia parte della storia dell’umanità, in parallelo con l’esilio biblico. La narrazione principale, messa in scena, immaginava un giovane esule che scrive lettere a Geremia: racconta la perdita della città, l’arrivo in terra straniera, la rabbia e la voglia di ricostruire. Ogni fase è stata accompagnata da gesti simbolici e narrazioni brevi, a cui hanno partecipato anche volontari e operatori di Caritas e San Martino al Campo.

Momento centrale della veglia è stato l’intervento del vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, che ha condiviso parole profonde e concrete: «Il confine lascia cicatrici, ma può diventare spazio di incontro. Dobbiamo imparare a superare le paure, senza dimenticare che molti hanno paura, anche di cose irrazionali. L’altro ha i miei stessi desideri, le mie stesse paure, come me vuole la pace».

A rendere più intensa l’atmosfera è stato il gruppo musicale Across the Borders, formato da musicisti provenienti da diversi paesi del mondo. Le loro sonorità originali e intense hanno accompagnato l’intera veglia, attraversando parole e silenzi, fino al momento conclusivo: la preghiera scritta e recitata da Farhan, giovane afghano musulmano, cantante e poeta, che ha condiviso un Padre Nostro poetico e struggente:

Liberaci dalle paure. Catene invisibili che legano l’anima.
Liberaci dalle cicatrici che la pelle non mostra,
dai deserti dove l’anima si smarrisce,
dal non sentirci tuoi figli tutti.
Pietre che non conoscono calore
”.

Nella fase finale, Generare, ogni ragazzo ha acceso una candela e insieme le hanno disposte a terra formando la parola “SPERA”. In quel momento, tra le luci tremolanti e la musica che si spegneva dolcemente, la veglia si è fatta invocazione silenziosa e luminosa.

La consapevolezza maturata in ciascuno è che la vera risposta è impegnarsi per l’integrazione e “Andare sul confine… e starci. Andare sul confine è anche andare in strada, sotto casa… perché in ogni luogo dove c’è un bisogno, anche lì c’è un confine.”

Quella sera, la chiesa si è trasformata in uno spazio senza muri, dove ogni scout e partecipante ha potuto dire con verità, insieme al protagonista del racconto: “E ora lo sento, Geremia. Dio non è nei muri. È nel cuore che batte…”

E quel cuore ha battuto, all’unisono, sui confini della pace.

Giuseppe Saragò

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