Molto più di un semplice pasto

Al Refettorio della Caritas c’è anche spazio per accogliere le persone e creare relazioni.

Assicurare un’adeguata alimentazione, ma anche incontrare le persone, conoscerle e poter cogliere gli effettivi bisogni che stanno dietro al bisogno alimentare del momento, facendo rete. Questo e altro ancora è l’opera di cura che, grazie all’operato di volontarie e volontari, si svolge quotidianamente al Refettorio “Giorgia Monti” della Caritas diocesana di Trieste, sito in via dell’Istria 73.

«Il servizio risponde al bisogno alimentare di chi è in una condizione di vulnerabilità» ci spiega la Referente, Simona Guarini «e, per le ragioni più diverse, non ha la possibilità di nutrirsi in modo adeguato». Ma si va oltre la risposta al bisogno primario perché «dietro c’è tutto un lavoro di coordinamento, di rete, un lavoro “di fino” per capire qual è l’effettivo bisogno e avviare, quando possibile, una progettualità su queste persone, tra le quali rientrano in parte anche quelle migranti richiedenti asilo». Chi sono i volontari? «Abbiamo persone volontarie e persone in misura di giustizia alternativa che, insieme, garantiscono il servizio. E molte di queste ultime, una volta terminata la loro misura, chiedono di proseguire il servizio come volontari tout court, senza costrizione, ma per scelta personale».

Tra i tavoli del Refettorio sono tante le storie che si incrociano e, nel tempo, si incontrano: «Mi è capitato di vedere persone con background totalmente diversi sedersi allo stesso tavolo, guardarsi anche in maniera arcigna all’inizio e pian piano ritrovarsi giorno dopo giorno sempre lì e, quindi, iniziare a instaurare un dialogo. A quel punto, ecco che il tempo del pasto diventa un’occasione per essere persone e non solo portatrici del peso della situazione che vivono. E anche i volontari trovano il modo, pian piano, di sedersi a tavola con le persone e dialogare». Oltre al desiderio di incontrare l’altro, cosa serve per fare il volontario? «Soprattutto pazienza, attitudine all’accoglienza e al non giudizio. Accogliere il positivo e il negativo delle persone che arrivano e che, ricordiamolo, non sono lì per scelta».

Luisa Pozzar

Volontari per scelta e per vocazione

 

«Sono volontario a Trieste presso il Refettorio da circa sei mesi, ma vengo da una lunga esperienza di volontariato a Napoli presso le Suore di Madre Teresa di Calcutta, dove risiedevo prima. Al Refettorio Caritas sono stato molto colpito dall’incontro con i giovani migranti, provenienti dai Balcani: incrociando i loro sguardi ho visto un velo, un piccolissimo velo di tristezza. Ma nel momento in cui nella mensa c’è l’accoglienza, ecco sprigionarsi il loro sorriso. Incrociare il loro sguardo è davvero importante. Cosa mi spinge a continuare in questo servizio? Il fatto che ogni giorno il cuore si allarga a ogni nuova esperienza. Non bisogna aspettare il futuro, non bisogna restare fermi nel passato, ma bisogna guardare al presente e il presente è lasciarsi stupire, altrimenti il servizio diventa una cosa meccanica e questo non va per niente bene. Se si accoglie Gesù, se si vede Gesù nell’altro non ci si stanca mai, mai e poi mai. Ecco lo stupore! Per me ogni giorno è così».

Antonio Izzo

 

«Presto servizio al Refettorio come volontario da circa 3 anni e per me tutto è partito da un’intenzione: occupare positivamente il mio tempo per una crescita personale. Occupare positivamente il tempo significa investire su di esso e l’unica maniera per farlo in modo fruttuoso è riuscire a fare qualcosa per il prossimo. La mia scelta iniziale è diventata man mano la più importante: posso fare a meno di tutti i miei impegni, ma questo servizio è talmente prezioso – a volte molto più prezioso rispetto al lavoro che indubbiamente mi dà il necessario per vivere – che non posso farne a meno! Quello che mi viene dato dalle persone bisognose, è molto più di quello che io riesco a dare. Per me, lavare i vassoi della mensa è un gesto paragonabile a quello della Lavanda dei piedi: una vera e propria chiamata nel mio percorso di fede. Che mi invita ad accogliere nel silenzio e nell’umiltà anche chi, per i motivi più diversi, si presenta come ostile. Perché è proprio lì che posso riconoscere la presenza di Cristo».

Carlo Perosa

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