Far crescere le comunità promuovendo la solidarietà e l’impegno reciproco e dedicare particolare attenzione alle persone più fragili. Con questo intento, ad aprile di quest’anno, la Caritas diocesana di Trieste ha aperto per il secondo anno consecutivo, il bando per il “Laboratorio del Buon Samaritano”, un’iniziativa rivolta a tutte le parrocchie del territorio diocesano e finanziata con i fondi dell’8×1000 per la carità messi a disposizione dalla Diocesi di Trieste.
Come si leggeva nel bando, l’obiettivo principale era quello di
“sostenere attivamente le persone più vulnerabili e rafforzare il tessuto comunitario attraverso azioni di carità efficaci e ben strutturate”.
Perché la carità è fatta di opere concrete. E, mentre scriviamo, i progetti che sono stati selezionati sono in corso di svolgimento, con risultati davvero interessanti. Sei le parrocchie coinvolte: Madonna del Mare con il progetto “IntegrAzione”, Sacro Cuore con “Invecchiamento attivo – Buone pratiche per una ‘vita buona’”, Santi Pietro e Paolo con “È bello essere qui”, Gesù Divino Operaio con il progetto “Giovani”, Beata Vergine Addolorata con il progetto “Rigenerare Valmaura” e San Giovanni Bosco con il progetto “Giovani per i poveri”. Una varietà di focus per dire che le possibilità per prendersi cura delle persone più fragili ci sono e iniziano dalla porta accanto. In questo modo è possibile non solo sensibilizzare le parrocchie ad aprire gli occhi sul proprio territorio, ma anche coinvolgere gli altri gruppi e le stesse persone che vivono una difficoltà – perché è la comunità nella sua interezza e non il singolo a doversi prendere cura di una fragilità e a vivere la carità –, affinché diventino anche loro parte integrante della comunità stessa. Lasciarsi coinvolgere, offrendo il proprio servizio come volontarie e volontari, è, quindi, un invito rivolto a tutti.

Luisa Pozzar
Alcune volontarie si raccontano:
Tutto è partito dall’incontro, presso il Centro di Ascolto parrocchiale, con situazioni nelle quali vedevamo che persone, già in condizioni di fragilità, avevano difficoltà con la lingua italiana. Già in primavera avevo iniziato a dare qualche lezione a un ragazzo che veniva dalla comunità per minori e a un ragazzo pakistano che poi ha iniziato a frequentare la scuola. Poi nel corso dell’estate ecco due sacerdoti, uno di origine ucraina e uno di origine egiziana, ai quali ho dato un po’ di supporto con la conversazione e con un po’ di lezioni sui verbi e sull’uso del congiuntivo e del condizionale. Il passaggio al progetto “IntegrAzione” è stato abbastanza naturale.Vengo da 17 anni di volontariato in varie realtà, ma devo dire che in questo progetto mi sono sentita davvero coinvolta perché si tratta di aiutare le persone più fragili che vivono profondamente la marginalità e il rinforzo della lingua italiana li può davvero aiutare in tante situazioni. E sarebbe bello che altri volontari si unissero a noi.
Silvia Salomon
parrocchia Madonna del Mare
“È bello stare qui” recita uno striscione nell’oratorio della nostra parrocchia. Da qui siamo partiti alla ricerca di ciò che avrebbe potuto attrarre molte persone a ritrovarsi insieme: persone sole, bisognose di compagnia, ma anche persone che desiderano incontrarsi semplicemente perché è bello e divertente fare qualcosa insieme nel tempo libero. Abbiamo incominciato con un pellegrinaggio al Santuario di Monrupino per chiedere la benedizione del Signore ed eravamo in tanti. Durante il pranzo è stato bello stare insieme, conoscersi di più, simpatizzare ed infine intessere relazioni appaganti, dove nessuno più si sente solo, dove nascono e si rinforzano le basi di appartenenza, per sentirsi parte di un’unica famiglia che accoglie con calore, dove si sta bene e dove si vuole ancora ritornare. Sono emersi anche molti interessi e molte diverse abilità: è stato bello vedere quante attività si potrebbero condividere. Le porte sono aperte: chi volesse partecipare o offrire un servizio volontario è benvenuto.
Gabriella Zotti
parrocchia Santi Pietro e Paolo
Se potessi riassumere questo progetto in un’immagine, direi che il nostro oratorio è una casa che accoglie senza sé e senza ma. Abbiamo a cuore che i ragazzi si sentano bene, siano contenti di incontrarsi e di incontrarci perché vogliamo che l’oratorio sia un luogo nel quale si costruiscono relazioni. Miriamo a valorizzare la gioia dell’incontro a prescindere da ogni cosa, anche dalla provenienza, dalla cultura, dalla fede. Svolgiamo con loro varie attività e tra queste c’è quella dei compiti pomeridiani. In particolare, i ragazzi di origine straniera, spesso non possono essere aiutati dai genitori: cerchiamo, quindi, di accompagnarli con pazienza, con perseveranza e di stimolarli in modo tale che possano credere nelle loro possibilità e possano veramente fiorire. Le nostre parole chiave sono “dialogo” e “rispetto” perché crediamo che siano i pilastri nella crescita di una persona. La parte più bella di questa esperienza? Poter lavorare in équipe. E poi, diciamolo, mettersi a servizio degli altri vale sempre la pena.
Cinzia Biancolillo
parrocchia Gesù Divino Operaio
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