Agosto 1945: la tragedia di Hiroshima e Nagasaki

80 anni fa, rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945, furono sganciate le bombe atomiche sulle due città giapponesi. E la minaccia atomica fa paura ancora oggi

Il 16 luglio 1945, nel deserto del Nuovo Messico apparve uno strano fenomeno. Ai cittadini che si trovavano a 250 chilometri di distanza sembrò che il sole fosse sorto all’improvviso e altrettanto velocemente tramontato. A oltre 30 chilometri di distanza, invece, le finestre dei centri vicini ad Alamogordo, nei cui pressi si era svolto l’esperimento, erano state polverizzate. Era appena stata fatta esplodere la prima bomba atomica: «A livello del suolo, – ha scritto Martin Gilbert nella sua Storia della seconda guerra mondiale (Mondadori, Milano 2023) la temperatura, al momenti dell’esplosione, era di tre volte più alta che all’interno del sole, e diecimila volte maggiore che alla sua superficie» Questa era la potenza spaventosa di un ordigno che di lì a meno di un mese, il 6 agosto, sarebbe stato lanciato sulla città giapponese di Hiroshima e tre giorni dopo su quella di Nagasaki.

Nel frattempo la guerra, che in Europa si era chiusa da un paio di mesi, sul fronte asiatico continuava a infuriare ed a mietere vittime; i giapponesi resistevano alle offensive angloamericane pur registrando numerose perdite e sconfitte. Le offerte dei tre grandi – USA, URSS e Francia – ai nipponici per una resa incondizionata, formulata in seguito alla conferenza di Postdam e articolata in precisi punti programmatici, fu recisamente respinta mentre avveniva il maldestro tentativo giapponese di ottenere dai sovietici un’opera di mediazione. Nel contempo, Stalin e Churchill erano entrambi stati informati dell’esperimento avvenuto nel New Messico. Da parte sua, il presidente americano Truman stabiliva che entro il 10 agosto – scriveva queste righe il 24 luglio – la bomba avrebbe dovuto essere usata contro obiettivi militari e non su «donne e bambini». Sappiamo, oggi, che le cose andarono diversamente: partito nella notte del 6 agosto dall’isola di Tinian, dove nel frattempo la bomba era stata trasportata dalla nave Indianapolis, affondata da un sommergibile giapponese durante lo spostamento su Okinawa, il B29 americano Enola Gay, che trasportava il poderoso ordigno, alle 8.15 del mattino di quella giornata sganciava la bomba sulla città di Hiroshima dove si riteneva che non si trovavassero campi di prigionieri alleati.

Photo taken by 509th photographer Pfc. Armen Shamlian – Wikipedia

«Dei 90.000 edifici che Hiroshima aveva quando la bomba cadde – scrive ancora Gilbert – , ne furono distrutti 62.000. Dei 200 medici della città, 180 furono uccisi o gravemente feriti. Dei 55 ospedali e centri di pronto soccorso, soltanto tre poterono essere ancora usati. Dei 1780 infermieri, soltanto 150 poterono assistere i feriti e gli ammalati». Nell’esplosione perirono anche alcuni prigionieri di guerra americani, che vanno dunque aggiunti alle oltre 80.000 persone letteralmente liquefatte in pochi secondi, e ai più di 35.000 feriti. A questi vanno sommate le decine di migliaia di vittime causate dalle radiazioni e dal default radioattivo per un bilancio che a fine 1945 risalì fino a circa 200.000 persone. Un testimone d’eccezione, il gesuita padre Arrupe futuro generale dell’ordine, alla vista della distruzione scrisse: «Facemmo allora l’unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano».

Foto di Maarten Heerlien from Voorschoten, The Netherlands

Mentre gli americani continuavano a discutere dei piani di invasione del Giappone, tre giorni dopo fu la volta di Nagasaki. L’obiettivo prefissato, la città di Kokura, non poté essere individuata a causa delle nubi. Era infatti stato deciso che, se i giapponesi non si fossero arresi senza condizioni entro l’11 agosto, si sarebbe fatto ricorso a un nuovo bombardamento atomico. E così accadde anche se con due giorni di anticipo sui tempi previsti. Considerando i morti per radiazioni nei mesi successivi, il bilancio delle vittime di Nagasaki fu di circa 80.000 persone.

U.S. National Archives : RG 77-MDH (pubblico dominio)

Più preoccupato dell’invasione sovietica in Manciuria e delle sue possibili conseguenze che dagli effetti dei due bombardamenti atomici, come ritiene lo storico Richard Overy, autore del recente libro Pioggia di distruzione. Tokyo, Hiroshima e la bomba, (Einaudi, Torino 2025), l’imperatore Hirohito si rassegnò e il 15 agosto 1945 annunciò di accettare la resa incondizionata. La Seconda guerra mondiale si chiudeva all’insegna di questa duplice tragedia, e si apriva l’era atomica che presto sarebbe stata al centro della “guerra fredda” tra il blocco occidentale e quello sovietico.

Pensavamo e speravamo che, in particolare dopo il crollo del Muro di Berlino, la questione dell’uso dell’arma atomica fosse ormai consegnata alla storia quando, a partire dall’invasione russa in Ucraina, più volte è stato minacciato più o meno esplicitamente il ricorso ad armi nucleari, siano queste “tattiche” o meno poco importa, posto che si tratta di ordigni a confronto dei quali quelli utilizzati nel 1945 sembrano appartenere ad un’altra era. E il monito contenuto nei versi scritti da un poeta turco nel 1945, Nazim Hikmet, risuonano ancora terribilmente attuali: «Apritemi sono io…/busso alla porta di tutte le scale/ma nessuno mi vede/perché i bambini morti nessuno riesce a vederli./ Sono di Hiroshima e là sono morta/tanti anni fa. Tanti anni passeranno./ Ne avevo sette, allora:/ anche adesso ne ho sette perché i bambini morti non/ diventano grandi». Verrà il giorno in cui le apriremo la porta? Verrà il giorno in cui, come scriveva Bertolt Brecht, «all’uomo un aiuto sia l’uomo»? Le centinaia di migliaia di giovani affluiti in questi giorni a Roma per il Giubileo dei giovani lasciano sperare che questo, un giorno non troppo lontano, possa finalmente accadere… saranno ascoltati?

Fabio Todero

 

Foto in evidenza: Wikimedia – George R. Caron / Charles Levy (pubblico dominio)

8min284


Chi siamo

Portale di informazione online della Diocesi di Trieste

Iscr. al Registro della Stampa del Tribunale di Trieste
n.4/2022-3500/2022 V.G. dd.19.10.2022

Diocesi di Trieste iscritta al ROC nr. 39777


CONTATTI