Sono trascorsi 75 anni dal 9 maggio 1950. Una data spartiacque, che ha assunto un valore simbolico, tanto da essere oggi – il 9 maggio – la Festa dell’Europa. Quel giorno Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, rendeva nota una Dichiarazione che sarebbe diventata la pietra miliare della costruzione europea. Sulla base della quale l’anno successivo nascerà la prima Comunità europea, quella del carbone e dell’acciaio (Ceca). E dalla quale, progressivamente e per successivi allargamenti (numero di Stati membri, dai 6 fondatori fino agli attuali 27) e ampliamenti delle competenze delle istituzioni comunitarie, si arriverà all’attuale Unione europea.
Quel testo, che si doveva alla penna di Jean Monnet e sostanzialmente concordato fra i “padri” dell’Europa unita (lo stesso Schuman, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer), doveva segnare, almeno intenzionalmente, la fine dell’epoca delle guerre europee, per inaugurare una nuova e promettente fase di pace, cooperazione economica, che a sua volta avrebbe generato una più stretta collaborazione e solidarietà politica.Non si può negare che molte delle promesse generate dai Trattati siano state rispettate. Oggi l’Europa comunitaria è senza dubbio una delle regioni più sviluppate al mondo, terra di democrazia e (in genere) diritti, con standard (medi) di vita molto più elevati che nel resto del mondo. Allo stesso tempo va rilevato che altre possibili prospettive siano a metà del guado sul piano dell’economia, della tutela dei diritti e la lotta alla povertà, della sicurezza, del “peso politico” sullo scenario planetario. Oltre al fatto che la guerra è tornata in Europa, benché l’Ue non ne abbia alcuna responsabilità, spendendosi piuttosto per sostenere in vari modi il Paese aggredito – l’Ucraina – dall’aggressore russo.
In questo senso, al giro di boa dei 75 anni la Dichiarazione Schuman mantiene un forte significato come “radice” del cammino dei Ventisette; eppure è innegabile che l’Ue da essa scaturita abbia bisogno, come avvenne nel dopoguerra, di lasciarsi alle spalle un passato ingombrante per cercare nuove vie per il futuro.Giungono infatti al pettine i nodi dell’era della globalizzazione: crisi demografica e migratoria, economia finanziarizzata, neocolonialismi, crisi ambientale… Mentre si affacciano ulteriori sfide da affrontare: sicurezza, rivoluzione digitale, squilibri interni tra Paesi e regioni, instabilità geopolitiche oltre i confini. Sembrano anche venir meno alcune amicizie storiche (Stati Uniti, Turchia) e si fanno avanti agguerriti competitori (Cina, India, Brasile, Corea del Sud e vari Stati del sud del mondo).
Non è, però, di una nuova Dichiarazione che l’Europa ha bisogno, ma di vera coesione, di capacità decisionale e leadership politica, di rafforzare la sua democrazia e l’efficienza istituzionale, con cessioni di sovranità dagli Stati all’Ue in settori strategici in cui la sovranità nazionale ormai appare semplicemente insufficiente. Occorre inoltre completare il mercato unico, concertare una politica estera e di difesa comune, nonché definire livelli irrinunciabili di sicurezza sociale (welfare) per tutti i suoi 450 milioni di cittadini. Non è nemmeno da escludere che per superare l’attuale impasse ci si possa affidare a qualche altra cooperazione rafforzata, come avviene oggi per l’euro.
È oltremodo necessario valorizzare tutti quegli aspetti che possano contribuire a “ridare un’anima all’Europa” (un puntuale richiamo da parte dei pontefici, fino a Papa Francesco) e a far sentire gli europei “fratelli tutti”. Farli sentire davvero europei. Opera, questa, che può passare dalla storia e dalle memorie collettive, da cultura, arte, studio reciproco delle lingue, viaggi, fino ai grandi programmi Ue come l’Erasmus, grazie ai quali le giovani generazioni possano crescere sentendosi appunto europee.
Con la lungimiranza di Monnet e Schuman, la Dichiarazione resa al Quai d’Orsay prevedeva come avrebbe potuto crescere la Ceca, poi Cee e ora Ue: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Un passo dopo l’altro, tra successi, spinte in avanti e repentine retromarce, per poi tornare ad avanzare verso l’unità. Una formula intravista nel 1950, probabilmente valida oggi e domani.

Scheda storica – Dichiarazione Schuman

[Presentiamo alcuni brani della Dichiarazione di Robert Schuman, allora ministro degli Esteri francese, rilasciata il 9 maggio 1950, che diede origine al processo di integrazione europea]

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche.
[…] L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra.
L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige l’eliminazione del contrasto secolare tra la Francia e la Germania: l’azione intrapresa deve concernere in prima linea la Francia e la Germania.
A tal fine, il governo francese propone di concentrare immediatamente l’azione su un punto limitato ma decisivo.
Il governo francese propone di mettere l’insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei La fusione della produzioni di carbone e di acciaio assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime”.
[…] Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di pace.

Gianni Borsa (SIR)

Nella foto in evidenza, da sinistra: De Gasperi, Adenauer e Schuman

(Foto Commissione Ue)