Serbia a rischio: appello al dialogo e analisi degli esperti

In questi giorni il card. Nemèt torna a fare appello alla pace e gli analisti dei Balcani, Burazer e Troharov, fanno il punto sulla situazione interna al Paese

“Seguo con profonda preoccupazione l’attuale situazione in Serbia, i disordini che stanno sfociando in violenza e la tensione diffusa in tutto il Paese”. Lo afferma il card. Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado, in una dichiarazione del 18 agosto, diffusa dall’Ufficio stampa della diocesi. Da nove mesi il Paese balcanico è scena di proteste massicce dei cittadini contro la corruzione e contro il governo di Alexander Vucic, uomo forte di Belgrado negli ultimi 11 anni. Il 15 agosto le manifestazioni hanno portato a duri scontri tra manifestanti e polizia causando diversi feriti. Il porporato è profondamente “convinto che qualsiasi forma di violenza sia inaccettabile e porti solo a ulteriore sofferenza e divisione”. Quindi, l’appello dell’arcivescovo di Belgrado a tutti quelli che devono decidere la sorte del Paese ma anche ai semplici cittadini è “fermate la violenza!”. “Incoraggio ogni persona a scegliere la via del dialogo, della pazienza e della giustizia – continua – perché solo così possiamo raggiungere una soluzione reale e duratura ai nostri problemi sociali”.
Il card. Nemet crede inoltre “che la Serbia abbia la possibilità di ricostruirsi se rifiuta l’odio e si impegna per la pace e l’umanità”. Rivolgendosi a tutti, il porporato afferma: “Ora abbiamo bisogno di coerenza, saggezza e rispetto reciproco per il futuro del nostro Paese”. Il pensiero e la preghiera dell’arcivescovo di Belgrado procedono insieme a una “seria preoccupazione” per “quanti sono rimasti feriti nei disordini degli ultimi giorni o sono vittime di violenza inutile in questi giorni”. “Il destino della Serbia – conclude il porporato – è nelle nostre mani, di tutti i cittadini, dunque scegliamo la via della pace”.

“Per la prima volta dall’inizio delle proteste siamo testimoni di atti di violenza sia da parte della polizia sia da parte di persone vicine ai governanti”. È il commento rilasciato al Sir da Nikola Burazer del Centro di politica contemporanea di Belgrado riguardo la caldissima estate di proteste che la Serbia sta vivendo, mentre le manifestazioni continuano già da nove mesi. A suo avviso, si tratta di “uso eccessivo di forza mirato a provocare ulteriore caos”. L’analista sostiene che i governanti “sono disperati perché i recenti sondaggi dimostrano un calo di fiducia significativo nell’esecutivo attuale, mentre il supporto per i manifestanti sta aumentando”. “Il presidente Alexander Vucic, al potere dal 2012, è più vulnerabile che mai” afferma. A suo avviso “è questione di tempo affinché l’era Vucic finisca, perché non credo che la gente si fermerà prima che siano annunciate elezioni anticipate”. A suo avviso, la violenza nelle proteste farà sì che le autorità giustifichino “l’uso di misure più restrittive nei confronti dei manifestanti”.
Nove mesi dopo il crollo della neo ristrutturata tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad, che causò numerose vittime e diede inizio alle proteste, è difficile prevedere cosa succederà nel futuro. “Gli studenti – spiega – hanno annunciato che presenteranno una lista alle elezioni parlamentari, ma non mancano le difficoltà. I partiti dell’opposizione tradizionale per tanti anni sono rimasti frammentati e visti come inefficienti; d’altro canto i manifestanti non si fidano della vecchia opposizione ma non hanno neanche una chiara leadership”.
In queste proteste non ci sono le bandiere europee ma solo quelle serbe: Burazer spiega che “la percezione dell’Ue nel Paese è diversa”, “la metà delle persone appoggia l’entrata nell’Ue mentre molti non sono convinti di questo traguardo”. “Forse per questo – afferma – la Commissione europea non ha manifestato un appoggio alla gente che scende in piazza”. “Il problema – secondo l’analista – rimane la politica del governo che non vuole perseguire la democrazia e la possibilità di diventare membro dell’Ue”. “Alla fine – dice Burazer – quello per cui lotta la gente fa parte dei valori europei: lotta alla corruzione, trasparenza, stato di diritto e forse un sostegno da Bruxelles non andrebbe male”.

È un’estate caldissima quella che sta vivendo il presidente serbo Alexander Vucic, con migliaia di persone per le strade e un Paese quasi sull’orlo della guerra civile, dove ogni sera in oltre 30 città della Serbia si verificano scontri tra gli oppositori del governo e i sostenitori delle autorità mentre la polizia non sta cercando di mantenere l’ordine pubblico”. È la descrizione di Liubcio Troharov, noto analista dei Balcani che per il Sir descrive ciò che succede per le strade non solo di Belgrado ma anche di Nis, Novi Sad, Kragujevac e molte altre località serbe. Da nove mesi, da quando la tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad è crollata causando la morte di 16 persone i manifestanti non si sono mai fermati. Secondo Troharov “il tempo di Vucic al potere è agli sgoccioli, prima o poi dovrà arrendersi perché la piazza chiede uno Stato di diritto senza corruzione, senza i legami del partito che da oltre 10 anni regna indisturbato”. La settimana scorsa i manifestanti si sono scontrati con i sostenitori del governo in diverse città e mentre i partecipanti alla protesta accusano la polizia di non aver fatto nulla per impedire la escalation, le autorità promettono misure dure nel futuro e molti arresti. “La polizia usa molto gas lacrimogeni per disperdere gli oppositori”, continua Troharski che chiosa: “se il governo accettasse le elezioni anticipate la tensione potrebbe placarsi ma Vucic per adesso ha detto che un nuovo voto si terrà prima della fine della legislatura ma senza precisare quando”.
La situazione è molto complicata – afferma – perché gli oppositori di Vucic composti da studenti, gruppi dell’opposizione e osservatori indipendenti accusano lui e i suoi alleati, i socialisti di Ivica Dacic, di avere legami con la criminalità organizzata, di usare violenza contro i rivali politici e di abbattere la libertà di stampa”. “Tutte queste cose il presidente serbo le nega categoricamente”, chiarisce. Infatti, Vucic ha indetto diverse manifestazioni a suo favore per dimostrare che non tutti sono favorevoli ai manifestanti. “È una situazione complicata e bisogna trovare una via di uscita pacifica, basata sul dialogo ma si sente la stanchezza di ambedue le parti”, precisa Troharski e precisa: “Vucic non vuole mollare il potere e i manifestanti sono per le strade da nove mesi, ambedue i lati non hanno niente da perdere e questo potrebbe sfociare in scenari poco raccomandabili”.

Fonte: SIR

Foto in evidenza: Luca Tedeschi

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