La preghiera nella vita dei preti

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L'incontro dei preti di recente ordinazione: vicinanza a Dio, preghiera e confronto fraterno.

I preti giovani della nostra Diocesi si incontrano una volta al mese; il primo incontro dell’Anno Pastorale in corso si è tenuto nella la parrocchia di San Giovanni Decollato, il 7 ottobre 2024.

Tema: “La preghiera nella vita dei preti”. Il testo, preso come occasione di riflessione, è il discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al simposio “Per una teologia fondamentale del Sacerdozio”. Riportiamo di seguito alcuni stralci del discorso che il Santo ha Padre pronunciato nell’Aula Paolo VI giovedì 17 febbraio 2022.

Vicinanza a Dio

[…] Un sacerdote è invitato innanzitutto a coltivare questa vicinanza, l’intimità con Dio, e da questa relazione potrà attingere tutte le forze necessarie per il suo ministero. Il rapporto con Dio è, per così dire, l’innesto che ci mantiene all’interno di un legame di fecondità. Senza una relazione significativa con il Signore il nostro ministero è destinato a diventare sterile. La vicinanza con Gesù, il contatto con la sua Parola, ci permette di confrontare la nostra vita con la sua e imparare a non scandalizzarci di niente di quanto ci accade, a difenderci dagli “scandali”. Come è stato per il Maestro, passerete attraverso momenti di gioia e di feste nuziali, di miracoli e di guarigioni, di moltiplicazione di pani e di riposo. Ci saranno momenti in cui si potrà essere lodati, ma verranno anche ore di ingratitudine, di rifiuto, di dubbio e di solitudine, fino a dover dire: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27,46).

La vicinanza con Gesù ci invita a non temere alcuna di queste ore – non perché siamo forti, ma perché guardiamo a Lui, ci aggrappiamo a Lui e gli diciamo: «Signore, non permettere che io cada in tentazione! Fammi comprendere che sto vivendo un momento importante nella mia vita e che tu sei con me per provare la mia fede e il mio amore» (C.M. Martini, Incontro al Signore Risorto, San Paolo, 102). Questa vicinanza a Dio a volte assume la forma di una lotta: lottare col Signore, soprattutto nei momenti in cui la sua assenza si fa maggiormente sentire nella vita del sacerdote o nella vita delle persone a lui affidate. Lottare tutta la notte e chiedere la sua benedizione (cfr Gen 32,25-27), che sarà fonte di vita per molti. A volte è una lotta. Mi diceva un prete che lavora qui in curia – che ha un lavoro difficile, di mettere ordine in un posto, giovane –, mi diceva che tornava stanco, tornava stanco ma si riposava prima di andare a letto davanti alla Madonna con il rosario in mano. Aveva bisogno di quella vicinanza, un curiale, un impiegato del Vaticano. Si critica tanto la gente della curia, a volte è vero, ma io posso anche dire e dare testimonianza che qui dentro ci sono dei santi: è vero questo!

[…] La vicinanza con Dio permette al sacerdote di prendere contatto con il dolore che c’è nel nostro cuore e che, se accolto, ci disarma fino al punto di rendere possibile un incontro. La preghiera che, come fuoco, anima la vita sacerdotale è il grido di un cuore affranto e umiliato, che – ci dice la Parola – il Signore non disprezza (cfr. Sal 50,19). «Gridano e il Signore li ascolta, / li libera da tutte le loro angosce. / Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti» (Sal 34,18-19).

Un sacerdote deve avere un cuore abbastanza “allargato” da fare spazio al dolore del popolo che gli è affidato e, nello stesso tempo, come sentinella annunciare l’aurora della Grazia di Dio che si manifesta proprio in quel dolore. Abbracciare, accettare e presentare la propria miseria nella vicinanza al Signore sarà la migliore scuola per poter, piano piano, fare spazio a tutta la miseria e al dolore che incontrerà quotidianamente nel suo ministero, fino al punto di diventare egli stesso come il cuore di Cristo. E ciò preparerà il sacerdote anche per un’altra vicinanza: quella al Popolo di Dio. Nella vicinanza a Dio il sacerdote rafforza la vicinanza al suo popolo; e viceversa, nella vicinanza al suo popolo vive anche la vicinanza al suo Signore. E questa vicinanza con Dio – a me attira l’attenzione – è il primo compito dei vescovi, perché quando gli Apostoli “inventano” i diaconi, poi, Pietro spiega la funzione e dice così: “E a noi – ai vescovi – la preghiera e l’annuncio della Parola” (cfr At 6,4). Cioè il primo compito del vescovo è pregare e questo deve assumerlo anche il sacerdote: pregare.

«Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30), diceva Giovanni Battista. L’intimità con Dio rende possibile tutto questo, perché nella preghiera si fa esperienza di essere grandi ai suoi occhi, e allora non è più un problema per i sacerdoti vicini al Signore diventare piccoli agli occhi del mondo. E lì, in quella vicinanza, non fa più paura conformarsi a Gesù Crocifisso, come ci viene chiesto nel rito dell’ordinazione sacerdotale, che è molto bello, ma lo dimentichiamo spesso. […].

Dopo la preghiera dell’Ora Terza, i preti di recente ordinazione – quelli ordinati negli ultimi dieci anni – si sono confrontati su più ambiti, in riferimento alla preghiera. Interessante la riflessione di don Daniele Scorrano, relativa al brano meditativo dei due uomini che salgono al tempio, il Fariseo e il Pubblicano (Lc 18, 9-14): la preghiera – ha detto don Daniele – ci pone davanti al Signore e la preghiera dell’umile, dice il Siracide “attraversa le nubi”. La preghiera è stare davanti al Padre, stare davanti ai fratelli; il rischio potrebbe essere lo stare davanti a noi stessi. Possiamo porci davanti a Dio e ai fratelli solo con il nostro realismo; noi siamo piccoli. Gesù usa due aggettivi per definirsi: mite e umile di cuore davanti al Signore.

Dopo la riflessione fraterna, il parroco don Alessandro Amodeo ha raccontato la sua esperienza di quasi un anno a San Giovanni Decollato, una parrocchia della prima periferia di Trieste, che dà il nome ad un rione, nata in lingua slovena, punto di ristoro per chi andava o tornava dalla Terra Santa; in prossimità dell’acquedotto imperiale “Capofonte”, che, al suo interno, in prossimità dell’altare maggiore, custodisce due grandi statue dei Santi Cirillo e Metodio.

“Il rapporto con le persone – ha dichiarato don Amodeo – è per me l’esperienza più bella dell’essere prete, insieme a don Stefano Vattovani, Vice-parroco, agli aiuti: don Davide Zanutti e don Tomasz Kunaver, al diacono permanente don Emmanuele Natoli e agli altri collaboratori della parrocchia. Attraverso sensibilità diverse, modi diversi di esprimersi ed agire, si costruisce la Chiesa e il suo vivere assieme. 

La Redazione


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