Le parole di tallio. Teatro-canzone contro il bullismo e il cyber-bullismo

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Aurora Borgolotto e Pablo Perissinotto emozionano il pubblico con testimonianze, musica e speranza alla Sala Luttazzi di Trieste.

Mercoledì 20 novembre, alle 20.30, presso la Sala Luttazzi del Magazzino 26 in Porto Vecchio, è andato in scena lo spettacolo “Le parole di tallio. Teatro-canzone contro il bullismo e il cyber-bullismo“, inserito nella rassegna “Una luce sempre accesa”.

I primi a prender la parola sono stati don Sergio Frausin e don Lorenzo Magarelli della Pastorale Universitaria della Diocesi di Trieste che ha organizzato, reso possibile e promosso questo evento poiché tocca un tema molto attuale e importante, con la coorganizzazione del Comune di Trieste e grazie al contributo della Fondazione Casali. Dopo il benvenuto ai numerosi spettatori lì accorsi in una fredda serata di bora, i ringraziamenti alle Istituzioni e a chi ne ha permesso la realizzazione, lo spettacolo ha avuto inizio.

Si è esibito per primo l’artista pordenonese Pablo Perissinotto che ha fatto riflettere, ma anche sorridere, narrando la sua scelta giovanile di volersi distinguere seguendo la moda grunge; ha poi cantato Sono un ribelle mamma degli Skiantos accompagnato alla chitarra dal musicista Enrico Casarotto. Sottolineando la differenza tra il voler essere diversi, come nel suo caso, e il venir additati dagli altri come diversi, subendo quindi la diversità, l’artista ha introdotto sul palco la protagonista: Aurora Borgolotto.

Aurora si è presentata come una ragazza di 24 anni, da poco laureata in psicologia e affetta dalla Sindrome di Alström che l’ha resa non vedente fin da piccola. Per questo motivo, è stata vittima di bullismo per anni, finché qualcosa è cambiato ed è riuscita a rinascere. Questa è la sua storia, che ha raccontato con coraggio nel corso della serata attraverso tre intensi ed emozionanti monologhi. Il giovane musicista Joel Zagar l’ha accompagnata al pianoforte suonando musiche di Beving.
Nel primo monologo, sottolineando il bisogno umano di comunicare, Aurora ha domandato se si conosce veramente il significato delle parole. Una stessa parola, infatti, può avere significati diversi; con le parole si può elogiare e supportare l’altro, ma anche denigrarlo, svalutarlo o insultarlo. Si è focalizzata poi sulla parola normalità: essere normali significa stare nella media, altrimenti puoi essere diverso, persona da escludere. Confessando di essere nata diversa e percepita come tale a causa della sua malattia, tuttavia ha anche scelto di comportarsi al contrario della normalità: invece di stare a casa, fa tante cose nella vita perché ha voluto rendere la sua diversità un punto di forza e una sua qualità.

Il cantautore Pablo Perissinotto si è poi esibito con il suo brano Speranza, scritto e musicato da lui, il cui testo trasmette un messaggio positivo molto forte, che ha colpito perfino Papa Francesco.

La testimonianza di Aurora prosegue più intima e toccante con il racconto dei problemi insorti alle elementari (risatine, gesti e parole cattive dei compagni, alle sue spalle) e peggiorati alle medie (azioni e accuse dirette); è rimasta sola e si è sentita in colpa perché pensava di essere sbagliata. Solo in seguito ha capito che il problema non era suo ed è riuscita ad affrontare questo brutto periodo grazie alla famiglia, agli insegnanti e alla musica. Ora sostiene fermamente che le parole possono far male e che si può trovare una parola per identificare ciò che le è accaduto. Non era uno “scherzo”. Era “bullismo”.

Subito dopo Aurora, con la sua voce bella e potente, accompagnata dal chitarrista, ha interpretato da solista due canzoni famose: Esseri umani di Mengoni e Come un pittore dei Modà.

Poi narra la svolta: alle superiori e specialmente quando si è trasferita a Trieste per l’università ha incontrato persone diverse, che hanno iniziato ad accettarla così com’è. In questi anni si è ripresa quello che si era persa, iniziando anche a frequentare un coro per portare avanti la passione per la musica. Ora le persone le vogliono bene come Aurora e la trattano come una persona, non fermandosi alla disabilità. Per questo, l’ultima parola che ha messo in rilievo è stata empatia, che per lei significa pensare: come vorrei che gli altri si comportassero con me e quali parole vorrei usassero? Consigliando, infine, di tenere a mente che nessuno è normale e tutti hanno molte sfaccettature che ci rendono unici e inimitabili.

Terminata la testimonianza, Aurora ha ringraziato i presenti e tutti coloro che in questi mesi si sono impegnati per la realizzazione di questo spettacolo, in particolare don Lorenzo Magarelli.

Nell’ultima parte, segno tangibile della sua riuscita integrazione, è salito sul palco proprio il coro che l’ha accolta e con cui canta ormai da tanti anni. Aurora, quindi, ha concluso lo spettacolo assieme al coro “Giovane InCanto”, diretto dal M° Aglaia Merkel Bertoldi. I 18 coristi, unendo armonicamente voci maschili e femminili, hanno emozionato con i seguenti brani: Tanggare, Thank you for the music e Go the distance. Il primo canto è stato eseguito a cappella, mentre i successivi sono stati accompagnati al pianoforte da Marco Viezzer; per la canzone finale si è unito anche il chitarrista. In chiusura, tutti gli artisti erano sul palco con Aurora, concludendo la serata in modo gioioso finché, uno dopo l’altro, sono scesi dal palco lasciando gli spettatori in un silenzio meditativo.

Al termine dello spettacolo, durato un’ora, i presenti si sono soffermati in sala per condividere impressioni su quanto appena ascoltato, oltre che per complimentarsi con la protagonista, dimostrandole vicinanza.
Andando via, ognuno si è portato a casa, come spunto di riflessione e arricchimento per la vita, le 3 parole chiave donate da Aurora in questa bella serata: normalità, bullismo ed empatia.

Martina Depolli


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