- Fresco di stampa il testo di Cosimo Quaranta “Teologia nella postumanità – Prospettive di dialogo con i post- e trans-umanesimi del presente”, uscito per i tipi della Queriniana. Si tratta di un interessante volume che affronta le sfide del cristianesimo alle prese con la temperie culturale attuale, contrassegnata in maniera provocatoria dal prefisso “post-“. L’Autore è stato ospite della Diocesi in occasione del Convegno Teologico Internazionale organizzato dal Laboratorio Scienza&Fede in occasione dell’EuroScience Open Forum (E.S.O.F.)
Puoi raccontarci qualcosa di te?
Certo. Sono un teologo e oltre a qualche realtà di insegnamento, sono impegnato nella ricerca teologica e filosofica. Mi occupo principalmente di antropologia ed escatologia, nutrendo un forte interesse per il dialogo tra fede, scienza e cultura. Il mio percorso si è costruito intrecciando lo studio, l’insegnamento e l’ascolto delle domande profonde delle persone che incontro. Nel 2022 ho pubblicato il mio primo saggio Pienezza. Per un’antropologia dall’Ascensione con le edizioni TAU, e attualmente è in corso la traduzione in francese per l’editrice L’Harmattan. Inoltre ho pubblicato diversi articoli di teologia e filosofia e ho collaborato all’ultima miscellanea del Giornale di Teologia di Queriniana su Teilhard de Chardin. Ciò che mi appassiona è tentare di capire come la riflessione teologica possa contribuire a dar forma al vivere quotidiano e mostrare la sempre rinnovata attualità del messaggio del Vangelo.
Il dottorato è una tappa importante nella formazione accademica. Ci racconti su cosa hai lavorato?
Ho conseguito il dottorato in teologia con una ricerca sull’escatologia cristiana, cioè sul significato ultimo della vita umana. Devo ringraziare due teologi di gran calibro per quanto ho realizzato: Giovanni Ancona e Mario Bracci. Dal primo ho appreso che le autrici e gli autori vanno studiati a fondo perché ognuno ha una grande ricchezza da condividere, mentre dal secondo ho appreso la passione e il metodo per la ricerca in teologia. Essa deve essere audace, non fermarsi alle speculazioni metafisiche, ma saper incrociare la vita quotidiana. Ecco perché insieme a loro ho deciso di concentrarmi sull’antropologia e sulla speranza cristiana in dialogo con le visioni postmoderne e tecnoscientifiche del futuro. La pubblicazione accademica del mio dottorato è stata propedeutica all’avvio dei colloqui con l’editrice Queriniana di Brescia, per la quale ho poi adattato e ampliato il lavoro secondo criteri editoriali, con l’intenzione di proporre un agevole manuale che possa fare da riferimento per dei corsi accademici, ma anche semplicemente per lo studio personale. Il risultato è, appunto, Teologia nella postumanità.
Anche una visita a Trieste è stata parte del tuo cammino di studio e ricerca, vero?
Sì, assolutamente. Nel 2021 ho partecipato al convegno organizzato dall’ufficio diocesano di Scienza e Fede. È stata un’esperienza ricca e stimolante. In particolare, ho trovato frutto dall’incontro con tanti scienziati e con altre teologhe e teologi, che poi sono entrati anche nella mia ricerca. Nel volume Teologia nella postumanità cito infatti Manuela Riondato, conosciuta proprio a Trieste, e ho seguito i suggerimenti preziosi di Massimiliano Padula, di Francesco Testaferri e di Fulvio Ferrario. L’incontro di Trieste ha contribuito ad allargare la rete dei contatti e anche lo sguardo della mia indagine teologica verso le questioni globali del nostro tempo. Insomma, Trieste è un nodo di incroci e di scambi non solo per il mare, ma anche per la cultura e il pensiero critico.
Nel tuo libro parli di postumanità. Di cosa si tratta?
Postumanità è un termine ombrello. È un collettivo di più sfumature di significato. Detto in breve: è un termine che indica la trasformazione radicale del modo in cui pensiamo l’essere umano; è l’obiettivo ideale da raggiungere e per farlo abbiamo le proposte concrete dei transumanisti. Oggi tecnologie come l’intelligenza artificiale, la robotica, le neuroscienze, la genetica stanno modificando non solo il corpo, ma anche l’immaginario collettivo e la visione della vita. Il postumano non è solo fantascienza: è il modo con cui il nostro tempo guarda al futuro. Su questo argomento mi permetto di segnalare il grande contributo di Tiziano Tosolini, filosofo e teologo docente presso la Pontificia Università Gregoriana. Il mio libro cerca di ascoltare queste domande, senza facili entusiasmi né chiusure difensive. È una proposta teologica che intende dialogare con i cambiamenti in atto e riaffermare la dignità dell’essere umano come chiamato, amato, redento. Siamo anzitutto dei volti e delle storie, anche se un riduzionismo del nostro tempo vorrebbe semplificare tutto a dati e intreccio di numeri.
Ne è nato un libro…
Sì. Teologia nella postumanità. Prospettive di dialogo con i post- e trans-umanesimi del presente pubblicato da Queriniana nell’aprile 2025. È un testo articolato in due parti. Nei primi tre capitoli analizzo i contesti culturali, filosofici e scientifici dell’epoca di transizione postumana. In particolare, dopo il capitolo di apertura, il secondo scende nel dettaglio dei termini “postumano” e “transumano”, mentre il terzo è un affascinante percorso nelle artificializzazioni e virtualizzazioni di ciò che abbiamo sempre esperito come elementarmente naturale. Nei capitoli finali, propongo una risposta teologica centrata su tre parole: vocazione, agape e speranza. La prima ricorda che l’umano non si costruisce da solo, ma è chiamato a relazioni di senso; la seconda è la forma più alta dell’amore inverata dal Risorto; la terza è lo sguardo aperto verso il futuro. La tecnologia può essere uno strumento prezioso, ma non sostituisce la sete di pienezza e comunione che abita il cuore umano. Ecco perché i capitoli finali sono specificamente dedicati alla questione antropologica e quella escatologica tout court.
Cosa speri che il lettore porti con sé dopo aver letto il libro?
Spero porti con sé una rinnovata fiducia sia nel tempo che viviamo, sia nella possibilità di leggere in esso i segni della grazia. La fede cristiana è ben più che una bussola per orientarsi nel cambiamento. È la certezza della presenza del Risorto che ci aiuta a discernere i segni dei tempi. Nel presente che viviamo ci è data la possibilità di abitare la tecnica senza esserne dominati e di promuovere la bellezza dell’umano come mistero da custodire. Il libro è pensato per chi cerca, per chi insegna, per chi educa, per chi si interroga. E anche per chi non si accontenta delle semplificazioni ideologiche. In fondo, come ha ripetuto più volte papa Francesco, non viviamo solo un’epoca di cambiamenti, ma un vero cambiamento d’epoca. Sono convinto che la teologia sia chiamata ad accompagnarlo con responsabilità e carità.
a cura di don Lorenzo Magarelli
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