Per una nuova economia: intervista al prof. Leonardo Becchetti - Domenicale di San Giusto

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Leonardo Becchetti, economista e giornalista, è professore ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata. È editorialista di Avvenire, del Sole 24 Ore e del settimanale Buone Notizie del Corriere della Sera. È direttore del Festival Nazionale dell’Economia Civile e Co-fondatore di NeXt Economia e di Gioosto, è presidente del Comitato Etico di Etica Sgr. Consigliere presso i ministeri dell’Ambiente, delle Finanze e del Lavoro. Autore di molte pubblicazioni anche di carattere divulgativo, tra le quali ricordiamo: Capire l’economia in sette passi (2016); La rivoluzione della cittadinanza attiva (2022); Guarire la democrazia. Per un nuovo paradigma politico ed economico (2024); Piano B. Uno spartito per rigenerare l’Italia (2024).

Il 20 e 21 giugno, presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia, è stato presentato il “Manifesto per una nuova economia”, già sottoscritto da oltre 300 accademici ed economisti italiani. Questo evento ha visto la partecipazione di studiosi di fama mondiale e segna un momento significativo per la riflessione economica contemporanea.

1. Professore, il Manifesto propone un cambiamento radicale nelle politiche economiche attuali. Quali sono, secondo lei, i maggiori limiti e le principali carenze dell’approccio economico tradizionale?

I problemi che vediamo in giro dipendono da cinque guasti del paradigma economico, relativi alle visioni di persona, impresa, indicatori di benessere, attori della politica economica e ruolo degli accademici. Nella vulgata riduzionista le persone sono attratte solo da consumi e denaro, le imprese fanno solo massimizzazione del profitto senza curarsi degli effetti sociali ed ambientali, la crescita del PIL è ritenuta essere condizione sufficiente per l’aumento della felicità, la politica economica va lasciata alle autorità (banche centrali e governi) e gli economisti devono stare chiusi nella loro stanza ad approfondire frammenti di sapere senza collegarli tra loro. Su queste premesse è facile rispondere alla regina Elisabetta sul perché gli economisti non si fossero accorti della crisi finanziaria globale. Per farlo era necessario essere esperti di tre sottodiscipline (macroeconomia, finanza, mercati immobiliari), ma visto che ognuno è iperspecializzato in un frammento quasi nessuno lo era

2. Quali sono i principi fondamentali del Manifesto e in che modo possono contribuire ad affrontare le sfide economiche, ambientali e sociali del nostro tempo?

Noi spieghiamo che i cinque punti del riduzionismo sono falsi oltre che dannosi. Evidenze empiriche schiaccianti dimostrano che, ad ogni latitudine ed in ogni periodo storico, le persone sono attratte, oltre che da aspetti materiali, dal desiderio di essere generativi e dalla vita di relazioni. Siamo cercatori di senso, prima che massimizzatori di utilità. Esiste una molteplicità di imprese, di forme giuridiche differenti e di imprenditori più ambiziosi che non guardano solo al profitto, ma anche all’impatto sociale ed ambientale. Ci sono indicatori di benessere multidimensionale che ricomprendono la crescita economica, ma misurano meglio del PIL preso da solo la felicità (come ad esempio gli indicatori di generatività delle provincie italiane che presentiamo ogni anno in un rapporto al Festival dell’Economia Civile). La società civile, il terzo settore e le sue reti organizzate sono protagoniste della politica in una logica di sussidiarietà, co-programmazione ed amministrazione condivisa. E devono esserlo come spiega in una recente sentenza la Corte Costituzionale. I criteri di valutazione dei dipartimenti universitari riconoscono che oggi gli accademici hanno una “terza missione”, quella della divulgazione e dell’impegno sociale e civile e la multidisciplinarietà è riconosciuta sempre di più come valore fondamentale.

3. Durante il convegno a Perugia, è emersa l’importanza della partecipazione democratica nell’economia. Come si può concretamente promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini nei processi decisionali economici?

Questa è la sfida decisiva per la sopravvivenza e la prosperità delle nostre società. La vita è un palazzo a quattro piani. Se restiamo al piano terra della passività e dell’essere leoni da poltrona, viviamo in stanze buie e luoghi maleodoranti…salendo le scale della partecipazione e della cittadinanza attiva scopriamo un attico pieno di luce con stanze bellissime (una vita piena e ricca di senso). Salire le scale però è faticoso e molta gente non lo fa. Bisogna trovare sempre nuove vie per convincerla a fare l’esperienza e a verificarne il valore. Perché non basta dire a chi è al piano terra che al quarto piano è bellissimo. Finchè non lo vedranno con i loro occhi non ci crederanno.

4. Nel contesto del convegno, si è parlato di un “Rinascimento economico”. Quali sono le principali innovazioni e proposte emerse dalle discussioni che possono avere un impatto significativo sul futuro dell’economia globale?

Il superamento dei cinque guasti con le cinque visioni più ampie e vere di persona, impresa, indicatori di benessere, politica economica e ruolo degli accademici è la via per mettere in moto gli “spiriti sociali” che servono a risolvere i problemi sul tappeto. Su questa base si articolano una serie di vie di soluzione (comunità energetiche, amministrazione condivisa, comunità educanti, ricette di politica economica a prova di delocalizzazione).

5. Guardando al futuro, quali sono le prossime tappe per diffondere e implementare le idee del Manifesto? Come possono i cittadini, le imprese e le comunità locali partecipare attivamente a questo processo di cambiamento?

Costruire eventi che appassionano è diventato relativamente facile. E Perugia è stato un evento innovativo che ha messo assieme conferenza scientifica e festival che ci ha dato grande soddisfazione. La sfida è trasformare una catena di eventi in un processo generativo. Oltre a ripetere ogni anno l’evento ci proponiamo di far nascere un manifesto internazionale, a partire da quello creato dalla “scuola italiana”. Con Piano B, parallelamente, abbiamo messo in moto un movimento che vuole cambiare il rapporto tra società civile e politica, a partire da quella visione. Per giocare la partita in modo complementare dando più forza e protagonismo alla società civile che può fare moltissimo per aiutare la politica a risolvere problemi.

Francesco Recanati


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