Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. Da questa domenica riconosciuti insieme dalla Chiesa nella loro santità. Amici e modelli di vita per tutti e in particolare per i giovani e gli adolescenti cattolici di tutto il mondo. Ad accomunarli non sono solo la giovane età e la fede profonda dal sapore evangelico. Pur essendo vissuti quasi ad un secolo di distanza l’uno dall’altro, colpiscono i numerosi punti di contatto tra le loro due (brevi) biografie.
Entrambi figli dell’alta borghesia del proprio tempo. Pier Giorgio nasce Torino nel 1901. Il papà Alfredo è direttore e comproprietario del quotidiano La Stampa; la mamma valente pittrice. Carlo nasce a Londra nel 1991 e cresce poi a Milano. La famiglia è proprietaria della Vittoria Assicurazioni, papà Andrea uomo d’affari e mamma Antonia imprenditrice. Per entrambi i ragazzi ci sono tutti gli agi del momento, domestici in casa, le scuole migliori, una fede trasmessa in famiglia più forse per tradizione che per vera convinzione. Eppure entrambi, giovanissimi, restano affascinati dal Vangelo, si innamorano dell’Eucarestia, scoprono la forza irrinunciabile della preghiera. Carlo si impunta e ottiene di essere ammesso alla prima Comunione a soli sette anni. La Messa diventerà per lui poi appuntamento possibilmente quotidiano. “Perché andare in pellegrinaggio in tanti luoghi lontani quando possiamo incontrare ogni giorno Gesù nell’Eucarestia?”, si chiede stupito davanti all’indifferenza di tanti verso la Messa. Anche Pier Giorgio, da giovane studente liceale e poi universitario, non manca mai all’appuntamento in chiesa, ama fermarsi a lungo in adorazione silenziosa, si fa terziario domenicano.
Ma non sta qui la loro santità. Qui c’è la fonte, la radice che l’alimenta, la causa nascosta. Hanno tutt’altro che mani giunte e capo reclinato da santino i due giovani portati ora all’onore degli altari. Come del resto prima di loro fu per Francesco d’Assisi o Ignazio di Loyola, anche Carlo e Pier Giorgio amano la compagnia, le risate, far festa. Nessuna fuga dal mondo, dalla giovinezza o dal proprio tempo. Sorridenti, diremmo oggi “solari”, attirano attorno a sé variegate compagnie di amici. Pier Giorgio scherzosamente fonda una “compagnia dei tipi loschi”; Carlo ama recitare, fare il buffone davanti ad una telecamera, strappare sorrisi a chiunque. Entrambi amano le montagne, la natura e trascinano i coetanei in gite ed escursioni. Pier Giorgio si innamora di una ragazza, ma data l’umile estrazione sociale di questa, preferisce non palesare i suoi sentimenti per non dover questionare con i genitori. Carlo è innamorato degli animali, dei suoi quattro cani e due gatti in particolare, inseparabili compagni nelle sue scorribande, soprattutto nelle campagne di Assisi dove passa le vacanze con la famiglia. Pienamente inseriti nelle vicende del loro tempo, Carlo è affascinato dall’informatica e da internet; Pier Giorgio ama lo sport, la fotografia e il dibattito politico di quei tormentati anni venti.

Ma ad accomunare i due giovani, interrogando inevitabilmente familiari ed amici, è anche l’attenzione agli ultimi, la carità concreta verso i poveri. Pier Giorgio, rampollo dell’alta borghesia torinese, non ci dorme la notte a pensare alle condizioni di vita dei proletari del suo tempo. “Aiutare i bisognosi è aiutare Gesù”, ripete come un mantra. Non solo fa la carità ai mendicanti destinando loro anche il necessario per il suo biglietto del tram, ma spesso arriva anche a casa a piedi scalzi per aver regalato le proprie scarpe ad un povero incontrato lungo la strada. Come socio della San Vincenzo visita spesso le abitazioni dei quartieri più poveri, recando alimenti, medicine, vestiario. Si decide per gli studi di ingegneria nell’intento preciso di poter migliorare la qualità della vita dei minatori. Non da meno, seppur più giovane e dunque con minore autonomia, è Carlo che ogni mattina, appena giunto a scuola, passa ad augurare la buona giornata ai bidelli (invisibili per la maggior parte dei suoi compagni) e alla sera obbliga spesso il domestico indiano di famiglia ad accompagnarlo per portare aiuti ai tanti homeless che ha notato sui marciapiedi della ricca e indifferente Milano. Aiutano chiunque, Carlo e Pier Giorgio, senza pensarci troppo; nessuno resta invisibile ai loro occhi.
Ad accomunarli vi è infine la morte, che entrambi coglie, in modo misterioso, prematuramente e improvvisamente. Frassati muore il 4 luglio 1925 per una meningite virale fulminante. Aveva 24 anni. Acutis ha solo 16 anni quando una leucemia, anch’essa fulminante, se lo porta via il 12 ottobre 2006, dopo appena dieci giorni di malattia. Nulla lasciava presagire che sarebbero morti così presto. Il Cielo evidentemente era già aperto per loro. Ai funerali di entrambi partecipa una folla inattesa di persone. Non solo parenti ed amici, ma tanti sconosciuti, di ogni estrazione sociale, che da loro avevano ricevuto un sorriso, un aiuto, una speranza. Essere giovani, cristiani e santi: missione bella e possibile.
don Alessio Graziani
Direttore de “La Voce dei Berici”